Va bene il lavoro agile, ma il futuro è nella collaborazione

Il disegno di legge del governo sul lavoro agile ha generato un ampio dibattito nel mondo politico e tra gli addetti ai lavori. La possibilità di realizzare l’attività lavorativa in tutto o in parte al di fuori dei locali aziendali, attraverso l’utilizzo di dispositivi tecnologici che permettono la connessione perpetua, è senza dubbio uno dei tasselli indispensabili per la costruzione di un mercato del lavoro moderno, in particolare in un'ottica di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Appunto, si tratta di un elemento fondamentale, che non deve far perdere di vista l'esigenza chiave del confronto, della collaborazione continua, in quanto sono questi i principali strumenti che possono consentire la crescita delle competenze dei lavoratori e incidere sulle dinamiche della produttività nel tempo. Il futuro delle economie europee è nell'innovazione continua, e tale strada potrà essere percorsa soltanto se si riuscirà ad attivare circuiti continui di valorizzazione e socializzazione delle conoscenze individuali ed organizzative: tali dinamiche sono attivabili solo se gli individui condividono "luoghi fisici" all'interno delle aziende o in spazi più ampi (vedasi le potenzialità degli ecosistemi innovativi, primo tra tutti la Silicon Valley negli USA). Allora va bene il lavoro agile, ma purché non si determinino fenomeni di "atomizzazione" professionale, purché non diventi un lavoro a domicilio del ventunesimo secolo, e si inserisca in un quadro più ampio di modernizzazione del mercato del lavoro e delle dinamiche organizzative delle aziende.