Lavoro agile e lavoro autonomo, le novità proposte dal governo

Nei giorni scorsi il governo ha approvato il disegno di legge riguardante la “la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Si tratta d un provvedimento atteso da qualche mese, che affronta due aspetti non trattati nel Jobs Act: da un lato si è provveduto a regolare il lavoro subordinato svolto in tutto o in parte fuori dalle mura dei tradizionali luoghi di lavoro – superando e innovando la vecchia prospettiva del telelavoro – dall’altro si è intervenuti definendo una serie di tutele sociali per i lavoratori autonomi non imprenditori, tematica particolarmente sentita anche dopo i provvedimenti normativi che hanno sostanzialmente eliminato il fenomeno del lavoro parasubordinato.
Con riferimento al lavoro autonomo, la proposta di legge del Governo è finalizzata nello specifico:

  • a costruire dei meccanismi di tutela del lavoratore autonomo nelle transazioni commerciali (divieto alle clausole vessatorie); 
  • a consentire la deducibilità delle spese per la formazione, accesso ai servizi di orientamento e riqualificazione; 
  • a permettere ai lavoratori autonomi la partecipazione agli appalti pubblici; 
  • all’estensione ai lavoratori autonomi degli strumenti di tutela finora appannaggio quasi esclusivo dei lavoratori subordinati (indennità di maternità e congedi parentali, tutele per la malattia e l’infortunio). 
Gli articoli del DDL riguardanti il “lavoro agile” sono invece di interesse dei lavoratori subordinati, per i quali, attraverso un percorso finalizzato a consentire “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. Il lavoro agile consente – nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, senza alcuna discriminazione in relazione all’aspetto retributivo – di realizzare l’attività lavorativa in tutto o in parte al di fuori dei locali aziendali, attraverso l’utilizzo di dispositivi tecnologici che permettono la connessione perpetua; le modalità di lavoro devono essere disciplinate da un accordo scritto tra le parti, nel quale sono definite le modalità di esecuzione della prestazione resa fuori dai locali aziendali, anche con riferimento agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo deve altresì individuare le fasce orarie di rispetto dei tempi di riposo del lavoratore.
Come detto prima, il governo è intervenuto su aspetti che non erano stati regolati nel Jobs Act ma i quali sono tuttavia di enorme rilevanza, iniziando la costruzione di un sistema di tutele maggiormente efficace per i lavoratori autonomi, e prevedendo meccanismi di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro subordinato, attraverso uno strumento normativo che va ad incrementare la possibilità di conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro.
Il disegno di legge - è questo era un elemento prevedibile, ma tuttavia appare rilevante – resta nel solco tracciato dal Jobs Act, ossia quello della netta separazione tra “lavoro autonomo” e “lavoro dipendente”: questo è stato uno degli obiettivi del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (così detto “Codice dei contratti”), il quale ha posto fine alle forme contrattuali che rientravano nel novero della parasubordinazione, e su questa strada il governo ha deciso di continuare ad operare.

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