Cuori infranti alla Fiat

“Cuore infranto”: è la denominazione dell’iniziativa della Fiat finalizzata a sensibilizzare i propri dipendenti possessori di auto di altro marchio al fine delle sostituzione delle stesse a vantaggio di un’auto del gruppo torinese. Le scorse settimane, i lavoratori degli stabilimenti di Melfi, Pomigliano e Mirafiori hanno trovato le loro Renault, Toyota, Citroen e le auto di altri marchi “avversari” avvolte da un telo trasparente sovrastato dall’immagine di un cuore infranto, con la promessa di uno sconto del 26% in caso di passaggio ad un’auto del gruppo Fiat. L’iniziativa non è stata apprezzata dai sindacati, in particolare il segretario nazionale della Fim, Ferdinando Uliano ha ricordato come "l'amministratore delegato ha spezzato il cuore anche a circa 86.000 dipendenti, quando sul rinnovo contrattuale risponde che non ci sono i soldi e poi eroga a circa 10.000 capi e quadri un aumento dai 500 ai 2000 euro", mentre Michele De Palma, coordinatore Fiat della Fiom, ha rimarcato che "i lavoratori non hanno abbastanza soldi per comprare auto nuove e quindi le vetture che si vedono nei parcheggi sono vecchie" e inoltre "se un lavoratore volesse comprare un'auto elettrica o ibrida, tra i modelli Fiat non ci sono. La vera campagna pubblicitaria l'azienda dovrebbe farla per nuovi modelli e soprattutto per auto ecologiche da produrre in Italia. Così i lavoratori non avrebbero bisogno di comprare auto di altri marchi". Invece Roberto Di Maulo, segretario generale del sindacato autonomo Fismic ha definito l’iniziativa "simpatica, molto meglio degli interventi repressivi di un tempo contro le auto straniere dei dipendenti nei parcheggi degli stabilimenti Fiat. Lo fanno tutte le case automobilistiche al mondo". L’iniziativa è stata accolta simpaticamente da diversi lavoratori, mentre altri hanno reagito con fastidio: ma quali sono i limiti che un’azienda non deve oltrepassare nello stimolare il “senso di appartenenza” dei lavoratori? È un dato di fatto che il miglioramento delle performance aziendali passi, in ambiti competitivi che si giocano su limiti marginali, anche dallo sviluppo del senso di appartenenza dei lavoratori, e come questo elemento sia – in particolare per le aziende una elevata esposizione commerciale – anche uno strumento di marketing. Il senso di appartenenza deve essere però costruito attraverso politiche aziendali orientate alla compartecipazione alle decisioni, alla costruzione di percorsi di partecipazione dei lavoratori agli utili, e non attraverso azioni sporadiche di marketing interno all’azienda. Da tale punto di vista, una iniziativa come quella della Fiat non deve essere valutata necessariamente in modo negativo, a meno che non si inserisca - ma non ci sono indicazioni di tale natura – in un quadro di pressione psicologica nei confronti dei lavoratori.

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