Riforma del mercato del lavoro: qual è la vera materia dello scontro tra governo e sindacati?

Il dibattito sulla riforma del mercato si è avvitato in uno scontro aspro, ideologico, nel quale una parte del sindacato si sente quasi impegnato in una battaglia "epica", alla strenua difesa dei diritti dei lavoratori di fronte all'attacco del governo, il quale sarebbe appiattito sulle posizioni confindustriali. Da entrambe le parti fioccano gli attacchi polemici, mentre il confronto sugli elementi strategici della Legge delega nella sostanza non è mai iniziato: in parte per responsabilità del governo, che ha agito in questo modo probabilmente per il timore che la riforma restasse "insabbiata" in un lungo e infruttuoso confronto tra le parti sociali, in parte per responsabilità della CGIL, che oramai ha scelto di rappresentare una opposizione politica alle scelte del governo Renzi. 
Pure con diversi limiti, la Legge delega del Governo si propone di affrontare tutti i nodi che bloccano la modernizzazione del mercato del lavoro nel nostro paese, con misure che non sembrano finalizzate a ridurre i diritti dei lavoratori, ma anzi dovrebbero rimodulare il sistema dei contratti - favorendo le assunzioni attraverso il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e superando le collaborazioni - ed estendere la platea e la durata degli ammortizzatori sociali. Davvero non era possibile confrontarsi nel merito? L'impressione è che in gioco non sia la rimodulazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma il riconoscimento e il ruolo del sindacato. Probabilmente una parte del sindacato - in primis la CGIL - è impegnata in una battaglia a difesa del proprio ruolo di co-determinazione delle norme sul lavoro, per la quale nessuna riforma, a prescindere dal contenuta della stessa, può essere approvata senza il confronto con le parti sociali ed il riconoscimento perpetuo della funzione delle stesse.

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