Jobs Act, luci e ombre di una buona riforma

L'approvazione, avvenuta lo scorso 4 settembre, degli ultimi decreti di attuazione della Legge delega 183/2014, segna un passaggio decisivo verso la completa implementazione della riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Renzi, attraverso un complesso di misure che interviene su tutti gli ambiti nevralgici della materia (contratti di lavoro, ammortizzatori sociali, politiche attive, conciliazione lavoro/famiglia e relazione lavoro/scuola), delineandone una profonda modernizzazione.
Nell'ambito dei contratti di lavoro, sono state superate tutte le forme maggiormente "precarizzanti" - collaborazione a progetto, associazione in partecipazione - e sono state meglio regolate le tipologie del contratto intermittente e del lavoro accessorio. Il governo ha scelto di investire sulla diffusione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, attraverso una strategia che mira a coniugare - in un'ottica di difesa del lavoratore e non del posto di lavoro, simile all'approccio diffuso nei principali paesi europei - una maggiore flessibilità in uscita con una più ampia tutela dei soggetti che perdono l'occupazione. 
In tale contesto, sono stati estesi e rafforzati i sussidi di disoccupazione, in particolare attraverso la Nuova Aspi che porta il periodo di copertura fino a 24 mesi, a prescindere dall'età anagrafica, e l'estensione della CIG anche ai lavoratori delle aziende tra i 5 e i 15 dipendenti.
C'è stato un intervento sulla normativa relativa all'apprendistato, probabilmente ancora insufficiente, finalizzata a rafforzare - nell'ottica della costruzione di un sistema duale simile a quello tedesco - il legame tra percorsi scolastici e meccanismi di inserimento nel mercato del lavoro. Il richiamo al modello tedesco avrebbe dovuto implicare il superamento di una visione dell’apprendistato quale semplice tipologia contrattuale con contenuto formativo, per investire in un vero e proprio sistema dell’apprendistato, ossia in un meccanismo in grado di costruire un processo completo di transizione tra il mondo dell’istruzione/formazione e il mondo del lavoro per la maggior parte dei giovani, attraverso strumenti e servizi adeguati. L’esempio della Germania può essere ancora utile, non soltanto per il richiamo ai meccanismi di raccordo tra qualifiche professionali e standard formativi fatto precedentemente, ma anche per tutti gli elementi di qualità in esso presenti
La strategia relativa politiche attive del lavoro ha quale elemento distintivo, l’istituzione di un più forte legame tra l’erogazione dei sussidi di disoccupazione e l’attuazione dei percorsi di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, anche attraverso l'istituzione del contratto di ricollocazione. Resta da comprendere - e a tale proposito saranno decisivi i decreti ministeriale che daranno corpo alla riforma - quali saranno i confini delle competenze della neonata Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) rispetto a quelle delle regioni. Lo “schema di Decreto Legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive”, attribuisce all’Anpal il ruolo di coordinamento della Rete dei servizi per le politiche del lavoro, mentre alle regioni resta la gestione amministrativa dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro, pur riconoscendo all'Anpal la possibilità di intervento qualora non siano rispettati i livelli essenziali delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro o vi sia un rischio di mancato rispetto dei medesimi livelli essenziali,
La scelta del governo di procedere alla modifica della normativa relativa all’organizzazione e alla gestione dei servizi pubblici per l’impiego e delle politiche del lavoro senza prima porre mano al Titolo V della Costituzione – e alla relativa ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni – rischia di produrre, quale conseguenza, una riforma che – pur contenendo interventi finalizzati alla razionalizzazione del sistema dei servizi per l’impiego – appare di difficile attuazione e insufficiente a realizzare un miglioramento dell’efficacia delle politiche attive e dei servizi rivolti ai lavoratori e alle aziende.
Ulteriori elementi cardine della riforma riguardano l'estensione del congedo parentale (dai 3 ai 6 anni del figlio) e l'intervento di semplificazione e sinergia in materia ispettiva.
Nel complesso, in attesa che il Ministero del Lavoro - con una complessa attività di definizione dei decreti ministeriali necessari -  dia attuazione piena attuazione alla riforma, la valutazione del Jobs Act è quella di una buona riforma, che va nella direzione giusta, seppure con elementi strategici ancora fragili  - a iniziare dalla governance dei servizi per il lavoro.

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