Lavoro distaccato, le nuove regole UE

Lunedì 23 ottobre i ministri del lavoro dell’Unione Europea, riuniti a Lussemburgo, hanno trovato un accordo – il quale dovrà ora essere ratificato dal Parlamento Europeo – per modificare la regolamentazione del distacco dei lavoratori in un paese membro. La direttiva attualmente in vigore, approvata nel 1996, prevede che una società possa inviare in un altro Stato dell’Unione un proprio lavoratore, versando i contributi nel paese d’origine: si tratta del cosiddetto "principio di personalità”, in base al quale il datore di lavoro continua a pagare i contributi nel paese di origine fino a un periodo massimo di 24 mesi, pur dovendo applicare le retribuzioni del paese di destinazione.
Tale meccanismo ha determinato – in seguito al progressivo allargamento dell’UE ai paesi dell’est europeo, caratterizzati da costi previdenziali e salariali più bassi rispetto ai paesi di lunga appartenenza comunitaria – una condizione di dumping sociale, in particolare nei settori dell’edilizia e dei trasporti. 
L’accordo raggiunto lunedì scorso prevede che - dopo un periodo di transizione di quattro anni - la durata del distacco sarà limitata ai 12 mesi, con la possibilità di prolungare la stessa di ulteriori sei mesi su richiesta dell’impresa e con il benestare del paese di accoglienza. Successivamente a tale periodo, cesserà la possibilità di versare i contributi in base alle norme del paese di origine. Inoltre, la nuova direttiva prevede che la società dovrà versare al proprio lavoratore tutti i bonus e le indennità - dalla tredicesima al premio d’anzianità - previsti dal paese del distacco: la vecchia norma prevede invece, per la società del lavoratore distaccato, esclusivamente l’obbligo di rispettare il salario minimo previsto nel paese di accoglienza. La riforma prevede un’eccezione per il settore dei trasporti, nel quale la vecchia direttiva continuerà a essere applicata finché non entrerà in vigore un nuovo pacchetto di misure specificamente dedicate al settore (il cosiddetto MobilityPackage).
Beninteso, non siamo dinanzi a cambiamenti epocali: tuttavia si tratta di una spinta verso l’integrazione del mercato del lavoro europeo, in particolare sul terreno dei diritti dei lavoratori e dell’uniformità dei costi per le aziende, elemento imprescindibile di una reale concorrenza di mercato. Può essere un nuovo inizio?

Focus
  • Nel 2015 sono stati registrati circa due milioni di lavoratori distaccati nell’Unione europea. Fra il 2010 e il 2014 il loro numero è aumentato del 41,3%. Nell’UE, i lavoratori distaccati non arrivano a rappresentare l’1% dei lavoratori totali. 
  • I lavoratori distaccati ricevuti in Italia sono lo 0.3% della popolazione attiva italiana.
  • L’86% dei lavoratori distaccati si trova in 15 paesi. Germania, Francia e Belgio ricevono il numero più alto di lavoratori e da sole ospitano circa il 50% di tutti i lavoratori distaccati. I paesi che più inviano lavoratori distaccati all’estero sono la Polonia, la Germania e la Francia. Nella metà dei casi i lavoratori distaccati vengono inviati in un paese confinante a quello di origine.

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